mercoledì 9 gennaio 2013

Dylan Dog 316: Blacky

Lo spettro di un cavallo si aggira nei meandri di scommesse, loschi figuri e regolamenti di conti in sospeso che paiono giungere alla conclusione. Ma come spesso accade, quello che sembra non è, e questo numero 316 della serie regolare dell'indagatore dell'incubo non è da meno. Blacky (questo il titolo) rappresenta infatti un ritorno ai temi animalisti tanti cari all'indagatore dell'incubo, e lo fa con una storia che non dispiace, e che alla fine ci mette di fronte all'aridità di certi ambienti troppo spesso inquinati da pratiche scorrette e senza scrupoli.

Rispetto ai mesi precedenti, abbastanza deludenti nonostante i nomi altisonanti, Giovanni Gualdoni riesce a tirare fuori una storia piacevole, a tratti appassionante, che recupera molti tratti di un Dylan Dog classico, alle prese con gli incubi reali che ci troviamo di fronte tutti i giorni ma che spesso restano celati. Nell'alternanza dei fatti, trovano spazio alcuni colpi di scena ben congegnati, e si recupera un Groucho in grandissima forma, brillante e mai fuori luogo come ai vecchi tempi. I tempi di inserimento dell'assistente più strampalato del comics nostrano sono perfetti, e questo rende la storia ancora più piacevole e scorrevole, da gustarsi pagina dopo pagina.

Se poi a questi ingredienti tutt'altro che trascurabili ci aggiungiamo una prova maiuscola di Daniele Bigliardo ai disegni, va da sè che questo mese l'indagatore dell'incubo ci ha regalato una storia convincente e da leggere. Certo, i puristi potrebbero storcere il naso di fronte all'ennesima fuga dall'incubo e dallo splatter tanto caro, ma tant'è prendiamo quello che di buono esce da questo albo. Che, mi ripeto, merita di essere letto, come non succedeva da qualche mese a questa parte!

venerdì 4 gennaio 2013

Addio Chunky Rice

Si dice che la dolcezza, quella più autentica, stia nella semplicità, nelle piccole cose, nel sapersi stupire e commuovere di fronte agli eventi che quotidianamente ci mette di fronte la vita. Incontri, scontri, delusioni, amori e conoscenze che, strada facendo, rendono ognuno di noi un essere unico, irripetibile e con un bagaglio di esperienza da usare ogniqualvolta se ne presenti l'occasione. In due parole, la dolcezza sta nella semplicità.

Ma non è altrettanto semplice descrivere questa stessa dolcezza con la medesima semplicità, come sosteneva Calvino nelle sue Lezioni Americane. Troppo spesso (e in letteratura ne abbiamo moltissimi esempi) tale concetto ci viene restituito invece con pesantezza, per mezzo di delusioni ed emozioni che sconvolgono, turbano e rendono profondamente introspettivo riscoprirne il sapore più autentico.

Non è il caso di Craig Thompson, conclamato autore statunitense di masterpiece come Blakets o Habibi, che con il suo Addio Chunky Rice (sua opera prima) riesce invece a donarci una pennellata di una dolcezza semplice e autentica, senza enfasi e senza fronzoli, mettendoci davanti alla nuda realtà di un amore forse infantile, ma proprio per questo genuinamente emozionante.

La tartarughina protagonista di questa graphic novel infatti deve staccarsi dalla sua amata topina Dandel, costretta invece a restare per una sorta di ancora esistenziale nel luogo natio, e in questa separazione sta l'essenza della speranza, dell'amore autentico e dell'opportunismo di rovescio che Chunky dovrà affrontare, solo e senza bussola, in un mare metaforicamente pronto ad accogliere il suo futuro e tutte le persone che dovrà in qualche modo trovarsi di fronte senza il suo amore.

Amore, distacco, partenza, speranza: difficile condensare tutto questo con la semplicità con cui riesce Thompson, che in questa storia anticipa poi i grandi temi che affronterà con Blankets e Habibi. Il disegno, più scarno ed essenziale rispetto a quello che verrà in seguito, mostra già i germi del talento dell'autore. Una lettura che non deve mancare in nessuna libreria, un must per apprezzare e conoscere ancor meglio un artista da tutti considerato un maestro di comics a livello mondiale.